Nel decennio fra il 1860 e il 1870 il nostro Paese si dedicava con un fervore al proprio rinnovamento scientifico e culturale, accogliendo con sentimento di ammirazione e di emulazione ogni barlume di civiltà nuova, ogni nuova corrente di idee, come per rifarsi in breve tempo, della minore attività cui l’avevano condannato i regimi antecedenti all’unità d’Italia. Se il grande moto politico riempiva gli animi di un esaltato nazionalismo, il nuovo moto scientifico trovò, invece, animi propensi ad accogliere avidamente ogni corrente internazionale. Poiché il predominio quasi assoluto delle scienze sperimentali nella seconda metà del secolo decimonono era legato alla Germania, l’ambiente scientifico della nuova Italia cercava, con ogni mezzo, di apprendere quella lingua che nelle scuole negli anni precedenti, era stata odiata e respinta perché imposta sotto il dominio straniero.